Ormai da diverso tempo, almeno sulla carta (e sui social), è di pubblico dominio l’idea che l’attività fisica sia una componente indispensabile e fondamentale per un sano e corretto sviluppo fisico e fisiologico del bambino (...di oggi e dell’adulto di domani).
Ciononostante, è altrettanto risaputo che l’inattività fisica in età giovanile è un ENORME PROBLEMA che, spaziando tra zone più critiche e altre leggermente meno, ricopre dimensioni di carattere GLOBALE.
Ma è sufficiente che sempre più giovani siano iscritti a una società sportiva, a un centro fitness...o sotto le cure di un Personal Trainer per invertire questo Trend? È solo una questione di numeri?
In pratica, siamo veramente sicuri che reazioni e iniziative individuali di questo tipo possano porre rimedio a una problematica ormai decennale di dimensioni così vaste?
I benefici derivanti dal fatto che vostro figlio o vostra figlia pratichino regolarmente attività sportiva di qualsiasi tipo, seguiti da professionisti esperti in materia, ovviamente non si discute... e meno male che ciò accade!
Però (eh si, ancora una volta c’è un però), queste iniziative individuali fin’ora non sono state sufficienti per invertire questa tendenza e produrre finalmente quello che, negli studi scientifici che se ne sono occupati, viene tanto desiderato e agognato: UN SIGNIFICATIVO CAMBIAMENTO DI ROTTA.
E allora che possiamo fare?
Uno studio scientifico pubblicato nel 2018 (Somerset & Hoare, BMC Pediatrics) pone questa responsabilità non tanto nei numeri e nelle statistiche, ma in qualcosa di più sociale: un vero e proprio CAMBIAMENTO CULTURALE.
Cambiamento che parte dai responsabili politici, dai genitori, dagli insegnanti...insomma dagli adulti...in termini COLLETTIVI. Suggerendo collaborazioni, iniziative e strategie a livello sociale che possano offrire migliori opportunità di partecipazione e (soprattutto) di CONTINUAZIONE DURATURA della partecipazione sportiva del giovane nel tempo.
E dunque da dove partire?
Come sempre, dalla ricerca: esiste ad oggi tra le evidenze scientifiche un modello che sembra possa fare al caso nostro?
In questo contesto, ho ritenuto molto interessante il modello LTAD (Long Term Athlete Development): Sviluppo Atletico sul Lungo Periodo.
Modello in origine applicato in Canada, e via via adottato in quasi tutti i continenti (ma che qui da noi, ancora una volta, sembra ben lontano da una sua possibile applicazione).
Il LTAD in sostanza si basa sul concetto di sviluppo atletico sul LUNGO PERIODO, comprendendo una progressione logica di apprendimento motorio e allenamento che accompagna il il giovane in tutte le sue fasi di crescita, dalla sua infanzia alla pubertà, al completo sviluppo generale come persona e infine (eventualmente) come atleta specializzato.
Si basa su una sequenza di fasì “macro” che appunto accompagnano la crescita del giovane, fornendogli via via un bagaglio motorio sempre più completo, rispettandone i tempi, la crescita e lo sviluppo fisiologico.
Le fasi sono le seguenti:
Importante sottolineare (cito quanto riportato su uno studio pubblicato sul J. Strenght Cond. Res nel 2015) che queste fasi devono essere viste come schemi flessibili anziché come direttive rigorose. È imperativo che i professionisti adattino le linee guida generiche proposte per soddisfare al meglio le esigenze uniche e individuali del bambino o dell'adolescente. Ad esempio, dal punto di vista dello sviluppo atletico, un adolescente con una bassa esperienza di allenamento e scarse competenze tecniche non dovrebbe iniziare un programma di allenamento altamente qualificato ad alta intensità senza prima aver sviluppato un'ampia gamma di abilità motorie e livelli base di forza muscolare . Allo stesso modo, un bambino in età prepuberale che possiede atletismo innato e competenza tecnica non dovrebbe essere limitato alle modalità di allenamento tipicamente associate a bambini inesperti.
Appare evidente dunque che, per applicare un modello come il LTAD, serve unità d’intenti e condivisione su 2 linee:
DEL TEMPO : la progressione va ricercata cronologicamente su base soggettiva, rispettando il punto di partenza di ogni individuo, la sua età, la sua esperienza e adattata e modificata in base alle sue attuali e progressive potenzialità e ambizioni;
DELLO SPAZIO: lo sviluppo motorio e atletico del giovane, l’educazione a uno stile di vita attivo e dinamico, è un percorso che deve essere compreso condiviso da tutta la società adulta. Ne devono comprendere l’importanza i le istituzioni, i genitori, gli insegnanti, i tecnici sportivi e gli istruttori, sopratutto nelle prime fasi dove l’apprendimento delle famose abilità motorie di base va di pari passo con il concetto di “multidisciplinarità” sportiva (e quindi di molteplici rapporti tra il bambino e diverse figure adulte).
Sono convinto che solo puntando a questo obiettivo, insieme, potremo finalmente arrivare a un VERO CAMBIAMENTO CULTURALE...e un giorno finalmente vedere pubblicazioni scientifiche che riporteranno il bene che è stato fatto e i benefici che abbiamo trasferito alle generazioni future.
LUCA PERI
www.lucaperi.com
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